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Per la cooperazione di reciproco vantaggio tra Cina e Italia occorre “FARE DI PIÙ”
2022/07/12

Il 30guigno, il giornale "Corriere della Sera" ha pubblicato l'articolo firmato del Console Generale LIU KAN Per la cooperazione di reciproco vantaggio tra Cina e Italia occorre "FARE DI PIÙ", seguente il testo completo:

Non molto tempo fa mi sono imbattuto in un articolo pubblicato dal Corriere della Sera che racconta “Il governo italiano ricorre alla normativa Golden Power per impedire all’azienda cinese EFORT Intelligent Equipment di acquisire ulteriori quote di una impresa di robotica con sede a Novara, in Piemonte”. Nell’articolo si spiega inoltre come non si tratti della prima volta che alle aziende cinesi vengono posti veti circa gli investimenti e la cooperazione in Italia; solo 3 mesi fa si era verificato il caso dell’impresa produttrice di droni Alpi Aviation che ha conosciuto lo stesso esito. E sono ancora più sorprendenti i dati citati dall’autore nell’articolo: dalla promulgazione del  “Golden Power” nel 2012, il governo italiano ha esercitato un totale di 7 veti, di cui 6 ai danni di società cinesi, 5 dei quali messi in atto dall’attuale governo in carica da febbraio 2021. Nell’articolo viene inoltre evidenziato come un gran numero di imprese italiane interessate a collaborare con società estere devono incondizionatamente informare di ciò il governo italiano: solo lo scorso anno, oltre 500 aziende italiane hanno richiesto l’autorizzazione governativa per la firma di contratti con società estere. Questi numeri mi hanno fatto molto riflettere, e al contempo mi hanno molto rammaricato. Il Nord Italia è sede di un grandissimo numero di aziende, e molte di queste hanno prospettive internazionali e collaborano massicciamente con la Cina. Ma purtroppo la cooperazione sino-italiana in termini di investimenti è stata più volte ostacolata e interrotta da queste norme “Golden Power” sulla base di vaghe motivazioni legate alla “sicurezza nazionale”. Alla lunga ciò è destinato ad avere un impatto negativo sullo sviluppo e sull’implementazione della cooperazione pragmatica tra i due Paesi, con una graduale sfiducia degli investitori cinesi nei confronti delle prospettive imprenditoriali italiane: credo che nessuno voglia che si arrivi a questo.

Come ho già detto in precedenza, il popolo italiano ama da sempre il pensiero indipendente ed è caratterizzato da uno spirito di curiosità e di ricerca della verità. Adesso invece alcuni affermano che la cooperazione tra Cina e Italia in termini di investimenti può essere una minaccia alla sicurezza dei settori strategici dell’economia italiana. Cari lettori, cosa ne pensate? Vi trovate d’accordo? Consentitemi di elencare una serie di dati e fatti che confuteranno e prevarranno su questi infondati “sproloqui”.

Da quando si sono instaurate le relazioni diplomatiche tra Cina e Italia 52 anni fa, la collaborazione tra i due Paesi in termini economici, commerciali e di investimento è sempre stata condotta in maniera cordiale e amichevole, sulla base di reciproca uguaglianza e rispetto, con l’obiettivo di ottenere risultati che fossero vantaggiosi per ambo le parti. L’Italia partecipa attivamente al progetto di cooperazione economica Nuova Via della Seta (Belt and Road Initiative) ed è stato il primo grande Paese occidentale a firmare a riguardo un memorandum d’intesa; ciò ha stimolato positivamente la collaborazione pragmatica tra le due parti in vari settori. L’Italia rappresenta inoltre il quarto partner commerciale della Cina nell’UE, e la Cina è il principale partner commerciale dell’Italia in Asia, con gli interessi delle due parti che convergono sempre di più. Basti pensare che nel 2021 il volume degli scambi tra Cina e Italia è cresciuto in evidente controtendenza rispetto alla situazione globale, raggiungendo quota 74 miliardi di dollari, un record assoluto ed un aumento annuo del 34%. E anche durante la pandemia, l’Italia ha firmato diversi accordi con la Cina per l’esportazione di prodotti agricoli, divenendo il paese UE con il maggior numero di accordi attivi in questo settore. Le imprese italiane hanno partecipato attivamente sia alla China International Import Expo (la cui quinta edizione si terrà a novembre) che alla China International Consumer Products Expo e alla Canton Fair (China Import and Export Fair), immettendo il “Made in Italy” sul mercato cinese. Sono inoltre da menzionare investimenti di successo come i casi della Pirelli e della Ferretti, in cui la cooperazione tra Cina e Italia ha portato evidenti benefici economici alle due aziende. Dietro a ognuno dei dati e dei casi specifici che ho elencato vi sono migliaia di altre imprese, dipendenti e famiglie italiane che ne traggono vantaggi concreti. La Cina comprende le legittime preoccupazioni dell’Italia e degli altri paesi europei di salvaguardare i propri vantaggi competitivi sia in termini di economia che di tecnologia, e questo di per sé è più che ragionevole. Ma anche il diritto allo sviluppo della Cina va pienamente rispettato, compreso quello delle imprese ad alta tecnologia. In un’economia di mercato, la concorrenza rappresenta un importante stimolo trainante per garantire dinamismo e carattere innovativo al mercato stesso. La concorrenza, la competizione, non va quindi temuta, la chiave sta nel guardarla in maniera razionale e corretta. Sebbene la Cina stia pian piano sviluppando le fasce alte della catena industriale in alcuni specifici settori, l’economia cinese si basa per la gran parte ancora sulle fasce medio-basse della catena produttiva e la cooperazione tra le due parti è ancora molto complementare. La collaborazione tra Cina e Italia e tra Cina e UE può ancora ulteriormente svilupparsi e migliorarsi vicendevolmente, portando grandi vantaggi secondo la formula 1+1>2. Il blocco della tecnologia o l’uso di mezzi sleali da parte di alcuni paesi per mettere fuori dai giochi i rivali non è il modo giusto per affrontare la competitività e la concorrenza.

Ho sentito un’argomentazione secondo la quale le misure di prevenzione epidemica adottate dalla Cina sono troppo rigide e che porteranno ad una “recessione tecnica” dell’economia cinese. Ma allora come dovremmo considerare dal punto di vista dialettico il legame tra la politica cinese del “zero dinamico” (zero COVID) e lo sviluppo economico?

La Cina è un membro del cosiddetto “villaggio globale” e come tale neanche la sua economia è in grado di sfuggire alla pesante pressione dell’epidemia. Alcuni indicatori economici hanno subito un’oscillazione tra marzo e aprile, ma si è trattato di un fenomeno temporaneo. Per un grande Paese come la Cina formato da 1.4 miliardi di persone, insistere e mantenere la politica del “zero dinamico” è la strategia di lotta all’epidemia con il costo sociale più basso in rapporto alle condizioni nazionali. Prima l’epidemia sarà tenuta sotto controllo in Cina, meno ne risentirà il suo sviluppo economico e sociale, e solo così il contributo cinese a lungo termine all’economia mondiale potrà essere ancora più duraturo. Grazie ad un sistema industriale solido e stabile ed a una catena produttiva ben fornita e supportata, l’economia cinese resiste molto bene alla pressione di forze esterne, è a prova d’urto e caratterizzata da una forte resilienza. Nel primo trimestre di quest’anno la produzione industriale cinese ha registrato un’accelerazione, con particolare crescita nei settori dei prodotti high-tech e delle attrezzature; il settore terziario ha continuato la propria ripresa, la situazione occupazionale è stata generalmente stabile e gli investimenti hanno giocato un ruolo di primo piano con una crescita costante del commercio estero. Nella fattispecie, tra gennaio ed aprile l’utilizzo effettivo di capitale estero è stato di ben 478,61 miliardi di yuan, un aumento del 20,5% rispetto all’anno scorso. Più del 70% delle imprese finanziate dalla Germania e oltre il 60% delle aziende a capitale statunitense prevedono di aumentare ulteriormente gli investimenti in Cina, tra cui diverse note aziende multinazionali incentrate sulle attività a bassa emissione di CO2 che hanno ulteriormente aumentato la loro presenza sul suolo cinese. Inoltre, la Cina, in qualità di secondo mercato di consumo più grande al mondo e di leader mondiale nel commercio di prodotti, può vantare di un PIL pro capite di oltre 12 mila dollari, con oltre 400 milioni di persone di reddito medio con grande potere d’acquisto. I fatti hanno dimostrato che la politica dello “zero dinamico” rappresenta un mezzo necessario per far sì che si creino condizioni favorevoli e durature per uno sviluppo sostenibile e a lungo termine dell’economia cinese, dando garanzie di stabilità dell’ambiente economico affinché i capitali stranieri possano meglio operare in Cina e in modo tale che sempre più prodotti esteri possano essere immessi sul mercato cinese.

Attualmente l’epidemia è ancora in corso, le tendenze unilateraliste stanno crescendo e i conflitti regionali permangono. L’umanità, in quanto comunità dal futuro condiviso, sta affrontando molte difficili prove. Come può la Cina dimostrare di essere responsabile in quanto grande potenza, fornendo metodi e strategie cinesi per la ripresa economica globale e offrire opportunità di sviluppo agli altri paesi, Italia compresa?

Il presidente Xi Jinping sin dallo scorso anno ha proposto diverse iniziative di sviluppo e sicurezza globali: alcuni giorni fa, in occasione della cerimonia di aperture del BRICS Business Forum, il presidente Xi ha avanzato una proposta in quattro punti sul mantenimento della pace e della stabilità nel mondo, sulla promozione di uno sviluppo sostenibile a livello globale, sulla realizzazione di cooperazioni win-win e sull’ampliamento di apertura e integrazione mondiale. Questi obiettivi potranno essere raggiunti solo se tutti i paesi saranno in grado di mostrare spirito di solidarietà, cooperazione e inclusività. Da Bo’ao a Davos, dal summit della Nuova Via della Seta al vertice BRICS, fino ad arrivare alla China International Import Expo e alla China International Consumer Products Expo, la Cina ha dimostrato la determinazione nel continuare la propria espansione ed apertura, continuando a snellire la lista negativa degli investimenti, lavorando duramente per creare un ambiente imprenditoriale sempre migliore e ad insistere ancor più vigorosamente nell’apertura, ricorrendo a sempre più prodotti comuni internazionali, condividendo a braccia aperte con gli altri paesi le opportunità di sviluppo; la Cina ha dimostrato veramente di essere un’attivista, un’avanguardia per lo sviluppo globale. Mi viene qui in mente l’Accordo Comprensivo sugli Investimenti UE-Cina (CAI). Come è ben noto, due anni fa, grazie agli sforzi congiunti di Cina e Unione Europea, si sono conclusi i colloqui per un accordo in termini di investimenti che poteva essere definito come l’accordo economico-commerciale con il più alto coefficiente di apertura e la più bassa soglia di accesso al mercato mai formulato prima di allora. Ma purtroppo l’UE non ha mai siglato e dato l’avvio a questo accordo. Speriamo che l’Unione Europea possa continuare ad essere strategicamente indipendente e che agisca il prima possibile per intraprendere uno stabile percorso di sviluppo secondo i propri standard nel quadro di una cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Cina. Al contempo si auspica che l’Italia, in quanto importante Stato membro dell’UE, possa svolgere un ruolo attivo nel promuovere la firma dell’accordo al più presto, in modo tale che tutti i cittadini UE, italiani compresi, possano godere il prima possibile dei benefici tangibili derivanti da una cooperazione reciprocamente vantaggiosa con la Cina.

Sono fermamente convinto che una solida fiducia politica reciproca sia la pietra angolare per lo sviluppo delle relazioni Cina-Italia. Entrambi i Paesi vantano grandi potenziali e luminose prospettive per una cooperazione di reciproco vantaggio in settori quali quello delle nuove energie, delle comunicazioni, del digitale, della green-economy, della medicina, dell’agricoltura; ma per realizzare tutto ciò è richiesta la fiducia reciproca, l’impegno congiunto e la volontà di “fare di più”.